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Dal 3/7 al 29/09/2025

fOn Art Gallery - Aci Castello

PER IL MOMENTO.

Artworks from OELLE archive​

Autori vari​​

Fabrice Bernasconi Borzì_mi dispiace

Cos’è un archivio se non un insieme di voci in attesa di essere nuovamente ascoltate?

Nasce così una mostra dal desiderio di riattivazione: le opere, custodite nell’archivio di Fondazione Oelle Mediterraneo Antico, tornano a mostrarsi. Frammenti che si mettono in dialogo, attraversano linguaggi, contrasti, affinità, e insieme costruiscono una nuova narrazione.

Tra gli spazi della nostra “anomala” fOn Art Gallery, Francesco Balsamo e Fabrice Bernasconi Borzì occupano un terreno comune – quello della pittura – ma con modi radicalmente differenti. Balsamo lavora sul disegno, come scrittura che si fa fragile e poetica. Fabrice, al contrario, porta in mostra una dichiarazione di rifiuto della pittura stessa: un gesto ironico e dissacrante, che trasforma il non-sapere in linguaggio. Entrambi convivono con Alfio Bonanno, che restituisce alla pittura un legame profondo con la natura, trasformando la materia in traccia del territorio che abita e attraversa.

Un’altra forma di dialogo prende forma al primo piano tra Marco Nereo Rotelli e Ryan Mendoza, uniti da un linguaggio fortemente pop, ciascuno seguendo traiettorie personali e distintive. Rotelli lavora sul segno come elemento visivo e concettuale, districandosi tra segno e materia: il testo diventa immagine, icona, presenza. Mendoza invece attinge all’immaginario pop statunitense: pitture e fotografie potenti, ironiche, a volte disturbanti, ambientate in contesti non convenzionali che trasformano l’ordinario in scena, e l’arte in provocazione.

Chiude il percorso Urs Luthi, che non dialoga con gli altri quanto con sé stesso. La sua ricerca sull’identità, la rappresentazione e la costruzione dell’immagine attraversa il suo corpo e la sua storia: l’artista è soggetto e oggetto, autore e icona, in un continuo gioco di specchi che interroga il confine tra realtà e rappresentazione. Questa non è una semplice raccolta di opere, né un’esposizione celebrativa, è un esercizio di ascolto e di messa in relazione. Le opere si osservano si rispondono, si contraddicono, ma non smettono di raccontare la vitalità dell’archivio come spazio vivo, aperto, necessario. È un modo per fare emergere la complessità del contemporaneo proprio a partire dall’archivio, che non è mai chiuso, mai definitivo. Come nulla, del resto.

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